A Venezia, sui fronti degli edifici, c’è molta vita. Impianti di ogni genere, pubblici e privati. E ovunque, incatenamenti e capochiave, in genere a ‘paletto’. Il tutto ben visibile, per garantirne la migliore manutenzione possibile.
Il capochiave ‘a vista’ non è necessariamente successivo all’edificazione; d’altronde quello ‘nascosto’ o incassato non nasce sempre con la costruzione, e può essere frutto di interventi successivi.
Palazzo Roverella, Rovigo. Capochiave composto di recente fattura. Le catene interne, affiancate su un setto, arrivano su due piastrine quadrate di circa 15 cm di lato e ruotate di 45°, collegate tra di loro in fase di inbullonamento da una sbarra a sezione quadrata.
L’espediente della doppia piastra potrebbe essere un modo per facilitare il montaggio in presenza di murature storiche che nel loro sviluppo presentano frequenti irregolarità di sezione, andando a produrre variazioni sulle misure dell’oggetto.
Il paletto con doppio aggancio rivela la presenza di una ‘catena estradossale’. Questo genere di intervento, non sempre strutturalmente efficace, ha come scopo principale l’occultamento delle catene interne. L’ambiente voltato rimane pertanto libero da elementi che potrebbero interferire con lo spazio o togliere visibilità ed efficacia agli ornamenti.
Dal punto di vista strutturale però catene siffatte non sono nella posizione migliore: la massima spinta della struttura è infatti circa all’imposta della volta.
(Giuseppe Valadier, ”L’architettura pratica dettata nella scuola…” 1831; ho tratto l‘immagine dall’utile libro dell’ing. Elide Tomasoni “Le volte in muratura negli edifici storici. Tecniche costruttive e comportamento strutturale”, Ed. Aracne, Roma, 2008)
La catena estradossale è composta da tre elementi principali: alla catena principale si connettono due aste inclinate, dette braghettoni, che afferrano il capochiave circa all’imposta della volta.
(gsb)