Sul fare del mattino l’acqua era lentamente salita, come un respiro che si va facendo sempre più forte. Così aveva prima invaso gli interstizi della pietra d’Istria, sul bordo del canale, per poi rotolare silenziosa sulla fondamenta. Tra i grossi rettangoli di pietra grigia sommersi da poca acqua, mi misi a seguire una fenditura e poi un’altra e un’altra ancora, scurissime, come si aprissero su profondità abissali. Mi colse allora la vertigine di camminare su un guscio, già irreparabilmente incrinato in più punti, sottile e fragile come certi ponti senza parapetto che appaiono limati e consumati dalla luce del sole.
Ora le fenditure si sono collegate in un’unica linea buia, più larga, più spaventosa. Vedo passare fra le case le persone, si chiamano, si salutano, si danno appuntamenti per futuri incontri, distratti e ignari, sempre più lontani fra loro e da me.
16 gennaio 2014 Ale